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Ottica Bianchi Lucia

Il legame tra la visione e le performance cognitive nella persona anziana: un’ introduzione.

Posted on Settembre 21, 2022Febbraio 2, 2023

Presentiamo un breve articolo divulgativo, scritto in collaborazione con la Dottoressa Francesca Bosinelli –Psicologa, Psicoterapeuta, Specialista in Neuropsicologia- che vuole essere un’ introduzione sui possibili legami tra le abilità visive e cognitive.

Si stima che entro il 2050 circa 2 miliardi di persone nel mondo avranno un’età pari o superiore a 60 anni, con un associato aumento dei tassi di incidenza di alcuni disturbi correlati all’età [1].

In particolare, la letteratura scientifica internazionale ha mostrato un grande interesse per le forme di visual impairment (disturbi del visus, quali riduzione dell’ acuità visiva, etc.) e cognitive impairment (disturbi cognitivi, quali difficoltà a carico della memoria, dell’attenzione, etc.).

Tale focus deriva dall’ elevato impatto che le suddette patologie possono comportare per i singoli pazienti affetti, per le loro famiglie e per la società in generale.

A tal proposito, numerosi studi hanno ipotizzato un’ associazione tra processi visivi e cognitivi: secondo alcuni Autori, la presenza di disturbi visivi costituirebbe un fattore di rischio per lo sviluppo di un declino cognitivo; secondo altri, vi sarebbe un nesso causale opposto; infine, altri ricercatori ritengono che visione e cognizione si influenzino reciprocamente costituendo un legame bidirezionale [1-4].

Andando più nel dettaglio, sono state avanzate diverse ipotesi esplicative, che comprendono, tra le altre [4, 5]:

§ Possibili substrati neuropatologici comuni (quale un disturbo del microcircolo);

§ Un nesso di causalità diretta tra disturbi visivi e compromissione cognitiva: in altre parole, la presenza di disturbi visivi favorirebbe un maggior isolamento sociale della persona, con la riduzione di attività cognitivamente stimolanti ed il possibile esordio di un disturbo dell’umore, andando a costituire un circolo vizioso;

§ Un nesso di causalità diretta tra disturbi cognitivi e compromissione visiva: i disturbi visivi, dunque, potrebbero essere sintomo di un più ampio processo dementigeno in atto.

Sebbene non vi sia tutt’ ora un accordo unanime in materia, approfondire le conoscenze in questo ambito potrebbe fornire spunti importanti in termini di prevenzione primaria (adottare interventi volti a ridurre o evitare l’insorgenza di un determinato problema o disturbo), secondaria (notare per tempo un eventuale problema o disturbo) e terziaria (intervenire precocemente per ridurne l’impatto) per i singoli pazienti.

In particolare, l’ adozione di interventi di prevenzione multi-livello e di un approccio multidisciplinare (che coinvolga diversi professionisti, ciascuno con un ruolo ben definito, ad esempio oculista, neuroftalmologo, ottico, neurologo, psicoterapeuta, neuropsicologo, etc.), potrebbero contribuire in maniera cruciale a contenere l’ impatto di questi disturbi sulla vita dei pazienti e delle loro famiglie, promuovendone il benessere.

Inoltre, una maggiore comprensione della relazione tra visione e cognizione potrebbe facilitare lo sviluppo di politiche di salute specifiche, volte a ridurre l’ impatto delle patologie correlate sul welfare e sui cittadini.

Va segnalato, tuttavia, che tale ambito di ricerca si è rivelato particolarmente complesso, anche alla luce delle limitazioni presenti in diversi studi [6]:

§ vari Autori si sono concentrati sostanzialmente su un aspetto del sistema visivo, ossia l’ acuità visiva, tralasciandone altri (quali sensibilità al contrasto, stereopsi, campi visivi, etc.);

§ altri hanno utilizzato test cognitivi di screening, dunque misure “globali” dell’ efficienza cognitiva dei soggetti, senza investigare nel dettaglio i vari domini (memoria, attenzione, linguaggio, etc.);

§ infine, numerosi test neurocognitivi prevedono la presentazione e/o l’ elaborazione di materiale visivo, esponendo i ricercatori ad un potenziale bias metodologico: in altre parole, si corre il rischio di penalizzare i soggetti con compromissione visiva che devono sottoporsi a tali prove, da un lato, e di perdere informazioni importanti qualora tali prove vengano escluse sistematicamente dalla valutazione, dall’ altro.

Alcuni studi stanno tentando di superare (almeno in parte) tali limitazioni, con risultati incoraggianti. Vediamo più nel dettaglio alcuni topic attualmente oggetto di studio.

Performance cognitive negli anziani con disturbi visivi

Diversi studi si sono focalizzati sui soggetti anziani cognitivamente integri che presentano disturbi del visus.

Ad esempio, gli Autori di un recente lavoro hanno preso in considerazione sia alcune misure di funzionalità visiva (acuità visiva, sensibilità al contrasto, stereopsi), sia alcuni domini cognitivi (memoria, linguaggio, attenzione, funzionamento esecutivo, abilità visuo/spaziali) e hanno formulato un’ ipotesi affascinante:

vi sarebbero specifici pattern di impairment cognitivo associati al malfunzionamento delle diverse componenti del sistema visivo nel corso del tempo, con un effetto particolarmente dannoso per quanto concerne la ridotta sensibilità al contrasto [7].

Andando più nel dettaglio, un calo del visus e della stereopsi sembrerebbero associate a deficit nei domini linguistico e mnesico, mentre una ridotta sensibilità al contrasto sembrerebbe associata ad una compromissione cognitiva più diffusa, riguardante le prestazioni nei domini linguistico, mnesico, attentivo e nelle funzioni visuo/spaziali.

Queste ultime sembrano destare particolare interesse tra i ricercatori in questo campo poiché comprendono molteplici abilità, tra cui la capacità di percepire la propria posizione nello spazio e quella degli oggetti intorno a sé, di stimare le distanze e, dunque, di muoversi correttamente nell’ambiente circostante [7].

Inoltre, un altro lavoro ha evidenziato uno scadimento nella velocità di elaborazione delle informazioni nei pazienti con glaucoma durante i 3 anni di follow-up, non rilevando, parimenti, alterazioni nelle performance cognitive dei pazienti con riduzione binoculare dell’ acuità visiva, degenerazione maculare correlata all’ età e cataratta [8].

In sintesi, gli studi su anziani sani con disturbi visivi sembrano dimostrare la presenza di interrelazioni molto complesse tra dimensioni visive e capacità cognitive.

Gli studi futuri dovranno fare ulteriore chiarezza, focalizzandosi anche sulle altre componenti del sistema visivo (quali la percezione cromatica ed i campi visivi) e su condizioni specifiche (quali il glaucoma). In ogni caso, un attento monitoraggio delle proprie condizioni di salute resta di vitale importanza in un’ottica preventiva (primaria, secondaria e terziaria).

La relazione complessa tra funzionalità visiva, declino cognitivo lieve e demenza

Riprendendo gli studi che supportano l’ ipotesi di una causalità diretta tra disturbi visivi e declino cognitivo, alcuni ricercatori hanno suggerito che una ridotta sensibilità al contrasto possa predire uno scadimento prestazionale a vari test cognitivi, specialmente nei domini mnesico, linguistico ed esecutivo, a distanza di alcuni anni.

Tali dati suggeriscono, dunque, che la neurodegenerazione del sistema visivo potrebbe avvenire in maniera parallela (se non addirittura precoce) rispetto ai processi neurodegenerativi del Sistema Nervoso Centrale caratteristici della demenza di Alzheimer [9].

In linea con quanto esposto, un altro studio ha confermato come i soggetti con disturbi del visus presentino il 35% di rischio aggiuntivo per lo sviluppo di MCI ed il 47% di rischio aggiuntivo per lo sviluppo di demenza franca rispetto ai soggetti con funzionalità visiva integra [4].

Pertanto, un’ identificazione precoce di eventuali alterazioni del visus potrebbe suggerire l’ opportunità di uno screening cognitivo precoce e di ulteriori approfondimenti clinici.

Infatti, una presa in carico da parte di un’ equipe multidisciplinare risulta fondamentale per contenere l’ impatto globale delle demenze e per garantire la migliore qualità di vita per i pazienti.

L’ identificazione precoce di eventuali disturbi diventa, dunque, cruciale al fine di garantire l’erogazione di trattamenti multi-livello quanto prima (ad esempio cognitivo, supporto psicologico, farmacologico, oculistico, eventuali ausili ottici, etc.), con ricadute positive sulla prognosi.

Diversi ricercatori hanno, altresì, ottenuto risultati che suffragano l’ ipotesi di un legame bidirezionale tra visione e cognizione nel corso del tempo.

Ad esempio, uno studio di alcuni anni fa ha confrontato le prestazioni di un gruppo di pazienti con demenza di Alzheimer lieve ed un gruppo di soggetti cognitivamente integri ad una varietà di prove, rilevando uno scadimento prestazionale del gruppo con demenza a compiti di sensibilità al contrasto, percezione di forme in movimento, percezione cromatica, attenzione visiva, memoria visiva e abilità prassico/costruttive con stimoli bidimensionali [10].

Secondo gli Autori dello studio, quindi, la demenza di Alzheimer impatterebbe sulla funzionalità visiva intaccando le aree corticali cerebrali ed i circuiti neurali deputati all’ elaborazione complessa degli stimoli visivi; ciò contribuirebbe, a sua volta, alla compromissione in vari domini cognitivi [10].

Più recentemente, un altro studio ha individuato una forte associazione temporale tra disturbi visivi e sviluppo di demenza nel corso di alcuni anni:

in altre parole, il fatto di presentare un declino cognitivo all’ inizio dello studio risulterebbe associato ad una probabilità quasi doppia di sviluppare nuovi disturbi visivi a distanza di tempo, e viceversa [5].

Compromissione visiva e cognitiva negli anziani con infarto miocardico acuto

Consideriamo, infine, il caso della persona anziana con un altro disturbo spesso correlato all’ età, ovvero l’ infarto miocardico acuto (IMA), che può provocare danni organici importanti sia a livello cerebrale, sia a livello oculare.

Alcuni studi hanno considerato molteplici parametri (quali l’acuità visiva, la sensibilità al contrasto, la stereo acuità ed il campo visivo) e hanno suggerito come, in seguito ad un IMA, le abilità visive e le performance cognitive vadano incontro ad un peggioramento.

Sembra, infatti, che la presenza concomitante di altre patologie correlate all’ età, in primis disturbi visivi e cognitivi, possa impattare significativamente l’ iter terapeutico e gli esiti di salute rispetto al decorso dei pazienti anziani con IMA con un profilo cognitivo e di funzionalità visiva integro [11].

In particolare, è stata sottolineata l’elevata prevalenza di un impairment cognitivo di grado variabile nei pazienti anziani ricoverati per IMA, la quale si associa, a sua volta, ad un’ aumentata prevalenza di numerosi disturbi geriatrici (quali le problematiche del visus) [12].

Tutto ciò comporta una serie di effetti negativi a cascata per quanto concerne l’ aderenza alle terapie ed il decorso clinico (compreso un maggior rischio di ri-ospedalizzazione, scadimento funzionale e morte) [11, 12].

Ancora una volta, uno screening precoce della funzionalità visiva e dell’ efficienza cognitiva può consentire una presa in carico tempestiva e favorire un lavoro di rete con altri professionisti, al fine di impostare un piano di trattamento precoce, multi-livello (ad esempio, cognitivo, psicologia della salute, oculistico, ottico, cardiologico, fisioterapico, etc.) e personalizzato.

In particolare, per quanto concerne la funzionalità visiva, appare chiaro come un individuo colpito da un IMA abbia elevate probabilità di diventare ipovedente. Gli studi e i test effettuati su campioni di individui dimostrano come esistano vari gradi di visione compromessa.

In sostanza, coloro che diventano ipovedenti non presentano la stessa riduzione delle abilità visive. Vi sono diversi livelli di visione compromessa, che incidono in modo più o meno grave sulla vita della persona e sulle sue attività quotidiane; ognuno necessita di una riabilitazione personalizzata e di ausili ottici specifici per il proprio caso.

Stimolare le abilità visive di chi è diventato ipovedente in seguito ad un IMA è molto importante anche per rallentare un possibile declino cognitivo, dato il possibile collegamento tra la perdita delle capacità visuo-motorie e quelle cognitive [13-16].

Sebbene non si possa riacquistare una visione ottimale in termini di acuità visiva elevata e visione nitida e dettagliata, uno screening ed un piano di trattamento precoce possono migliorare notevolmente la qualità della vita.

Il paziente ipovedente dovrà, pertanto, imparare a fare le cose quotidiane in modo nuovo, utilizzando ausili ottici ed elettronici specifici, previo addestramento specifico, oppure lenti fotoselettive.

In questo modo il paziente ipovedente lavorerà gradualmente sulla propria percezione spaziale, compensando in parte il drastico calo dell’acuità visiva e il possibile restringimento del campo visivo [13].

Conclusioni

Il presente articolo vuole essere un’ introduzione ad un ambito di ricerca tanto affascinante, quanto complesso.

La letteratura scientifica internazionale ha evidenziato un indiscutibile legame tra processi visivi e cognitivi, sebbene non sia ancora chiara la natura causale di detta relazione.

Sono state avanzate diverse ipotesi esplicative, le quali includono possibili substrati neuropatologici comuni, un nesso di causalità diretta tra disturbi visivi e cognitivi e viceversa [4, 5].

La ricerca futura dovrà necessariamente fare chiarezza su questi ultimi aspetti, al fine di offrire spunti importanti in termini di prevenzione primaria (adottare interventi volti a ridurre o l’evitare l’ insorgenza di un determinato disturbo), secondaria (notarlo per tempo) e terziaria (intervenire precocemente per contenerne l’impatto) per i singoli pazienti.

In particolare, una presa in carico tempestiva ed un approccio multidisciplinare, in cui ciascun professionista ricopre un ruolo ben definito (ad esempio medico oculista, neuroftalmologo, ottico, neurologo, neuropsicologo, etc.), consente l’ erogazione di un trattamento precoce, multi-livello e personalizzato, con un impatto positivo sulla qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie.

Inoltre, una maggiore conoscenza delle relazioni tra visione e cognizione potrebbe contribuire all’ implementazione di politiche di salute specifiche, con una sostanziale riduzione dell’impatto delle patologie associate sul welfare e sui singoli cittadini.

Hai delle domande su alcuni argomenti trattati nell’ articolo? Vorresti saperne di più su certi temi? C’è qualche aspetto che ti incuriosisce? Non esitare a chiedere! Contattaci per maggiori informazioni e approfondimenti!

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Dottoressa Francesca Bosinelli, Psicologa, Psicoterapeuta, Specialista in Neuropsicologia Indirizzo mail: francesca.bosinelli@gmail.com profilo linkedin: Francesca Bosinelli

Bibliografia:

1. Vu, T.A., et al., The bidirectional relationship between vision and cognition: a systematic review and meta-analysis. Ophthalmology, 2021. 128(7): p. 981-992.

2. Chen, S.P., J. Bhattacharya, and S. Pershing, Association of vision loss with cognition in older adults. JAMA Ophthalmology, 2017. 135(9): p. 963-970.

3. Zheng, D.D., et al., Longitudinal Associations Between Visual Impairment and Cognitive Functioning: The Salisbury Eye Evaluation Study. JAMA Ophthalmology, 2018. 136(9): p. 989-995.

4. Shang, X., et al., The association between vision impairment and incidence of dementia and cognitive impairment: a systematic review and meta-analysis. Ophthalmology, 2021. 128(8): p. 1135-1149.

5. Chen, S.P., A.D. Azad, and S. Pershing, Bidirectional association between visual impairment and dementia among older adults in the united states over time. Ophthalmology, 2021. 128(9): p. 1276-1283.

6. Gupta, P., T.A. Vu, and E.L. Lamoureux, Beyond Visual Acuity—A Comprehensive Assessment of Vision and Cognition in Older Adults With Visual Impairment. JAMA Network Open, 2021. 4(7): p. e2119033-e2119033.

7. Varadaraj, V., et al., Association of vision impairment with cognitive decline across multiple domains in older adults. JAMA Network Open, 2021. 4(7): p. e2117416-e2117416.

8. Grant, A., et al., Visual impairment, eye disease, and 3-year cognitive decline: The Canadian longitudinal study on aging. Ophthalmic Epidemiology, 2021: p. 1-9.

9. Ward, M.E., et al., Reduced contrast sensitivity among older women is associated with increased risk of cognitive impairment. Annals of Neurology, 2018. 83(4): p. 730-738.

10. Rizzo, M., et al., Vision and cognition in Alzheimer’s disease. Neuropsychologia, 2000. 38(8): p. 1157-69.

11. Whitson, H.E., et al., Comorbid vision and cognitive impairments in older adults hospitalized for acute myocardial infarction. Journal of Comorbidity, 2020. 10: p. 2235042X20940493.

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